21 giugno 2011

Conquista il mondo la bellezza della donna. Ma quanto dura?

Donna, elaboraz. da Bathsheba di W.Drost Me so ffatto, compare, una regazza
bianca e roscia, chiapputa e bbadialona,
co ’na faccia de matta bbuggiarona,
e ddu’ brocche, pe ddio, che cce se sguazza.

Versione. Ho preso per amante, compare, una ragazza bianca e rossa, chiapputa e prosperosa, con una faccia da matta  malandrina, e due poppe, per Dio, che ci si perde.

Tutti i poeti, da che mondo è mondo, hanno cantato la bellezza, e il Belli non si sottrae al tema. In uno dei suoi primissimi sonetti romaneschi, A ccompar Dimenico [Domenico Biagini, amico del poeta], del 14 febbraio 1830, la bellezza di una ragazza viene sintetizzata in modo brutale ma essenziale: petto, “chiappe” e faccia da malandrina. Anche se in un romanesco un po' acerbo, il sonetto introduce  due  termini pittoreschi: "badialona" da badiale, attinente a badia, abbazia, un tempo con grandi proprieta' terriere, perciò donna opulenta, prosperosa.

E "buggiarona"? Questo termine non è facile da spiegare, perché è usato in mille significati, sia dal Belli, sia da altri autori italiani dell’Ottocento. Ancora oggi si dice: è una buggeratura, l'ho buggerato, nel senso di un imbroglio. Ma i dizionari storici ed etimologici, e il Belli stesso in un altro sonetto, rivelano una complessa radice semantica. “Buggerare” era in origine l’atto carnale del sodomita attivo, per cui venivano accusati dalla Chiesa nel Medioevo certi eretici bulgari, grandi e grossi (infatti, da bulgaroni deriva buggeroni, detto anche di cose o persone grosse). E proprio i preti di Roma, inclini fin da allora alla pedofilia, accusavano i preti e fedeli dissidenti di essere pederasti? Senti chi parla! Ad ogni modo, che l’etimologia sia questa lo provano decine di altri dialetti italiani e lingue straniere. Per cui l’esclamazione molto volgare (in un altro sonetto), "e buggerà Santaccia", nota prostituta romana (come dire “in culo a Santaccia”), era nel romanesco dell’Ottocento un modo proverbiale, un intercalare ricorrente. Ma qui, riferito ad una donna, un termine maschile per eccellenza come buggerone? Va inteso secondo noi per analogia come aggressiva, malandrina, o sessualmente attiva, “scopatrice” ecc. Chi vuole sapere di più della curiosa origine e della strana evoluzione di queste parole, trova un dotto e divertente articolo dedicato, ricco di sorprese.

Ragazza al Carnevale (part) (A.Mokrizkij)Comunque, tornando al sonetto, niente di nuovo sotto il sole, ieri come oggi i canoni della bellezza  femminile non sono poi tanto cambiati.

Ma il Belli  approfondisce il tema della bellezza in modo moderno e molto attuale quando, in un altro sonetto, chiarisce che la bellezza vale più dei quattrini, perché il denaro non può dare la bellezza ma con questa si acquista la ricchezza. E le donne lo sanno bene, come si narra nel sonetto La bbellona de Trestevere:

. . . E' superbiosa come un accidente,
più che si fussi de cristal de monte.
Gran brutto fa' co lei da pretennente!
Lei nun vo pe marito antro ch' un conte . . .

Versione.  E' superba da non dire, neanche fosse di cristallo di rocca. Gran brutto impegno farle la corte! Lei non vuole per marito altro che un conte…

Tipico delle donne belle che oggi come ieri cercano di darsi solo agli altolocati, spesso in cambio di denaro o favori, come la recente cronaca politico-rosa ci ha insegnato.
Ed ecco il primo dei sonetti intitolati

LA BBELLEZZA
Che ggran dono de Ddio ch’è la bbellezza!
Sopra de li quadrini hai da tenella:
pe vvia che la ricchezza nun dà cquella,
e cco cquella s’acquista la ricchezza.
Una cchiesa, una vacca, una zitella,
si è bbrutta nun ze guarda e sse disprezza:
e Ddio stesso, ch’è un pozzo de saviezza,
la madre che ppijjò la vorze bbella.
La bbellezza nun trova porte chiuse:
tutti je fanno l’occhi dorci; e ttutti
vedeno er torto in lei doppo le scuse.
Guardàmo li gattini, amico caro.
Li ppiú bbelli s’alleveno: e li bbrutti?
E li poveri bbrutti ar monnezzaro.
20 ottobre 1834

Italiana con fiori (part.,P.Orlov 1812-1865)Versione. Che gran dono di Dio è la bellezza! Devi considerarla più importante del denaro: perché la ricchezza non dà la bellezza, ma con la bellezza si acquista la ricchezza. Una chiesa, una vacca, una ragazza, se è brutta non si guarda e si disprezza: e Dio stesso che è un pozzo di saggezza, la madre che si scelse la volle bella. La bellezza non trova porte chiuse, tutti le fanno gli occhi dolci; ma tutti vedono in lei il torto dopo le scuse. Guardiamo i gattini, amico caro. I più belli si allevano: e i brutti?  I poveri brutti nell’immondezzaio.

E’ uno dei celebrati sonetti del Belli. Inno alla bellezza che si chiude con la solita sorpresa, un po' brutale, ma velata di commiserazione per i poveri brutti gattini, condannati dal loro aspetto. Una specie di soluzione finale un po' hitleriana nei confronti di chi non fa parte della razza eletta dei belli. Ci ricorda anche qualche episodio del film "Siamo uomini o caporali?", quando Totò, povero e brutto, si presenta per fare teatro, con la sua bella partner, agli americani liberatori nel 1945, e viene ripetutamente rifiutato, maltrattato e quasi cacciato dal "caporale" di turno,  che invece fa gli occhi dolci alla bellona che ottiene immantinente la scrittura.

Non può mancare nel Belli una serie interminabile di accostamenti tra la classe dominante dei preti e la bellezza delle donne. Uno per tutti è il sonetto:

LA BBELLEZZA DE LE BBELLEZZE 
Ce ponn’èsse in ner monno donne bbelle,
ma un pezzetto de carne apprilibbato
come la serva nòva der Curato
nun ze trova, per dio, drent’a le stelle.
Nun te dico er colore de la pelle
piú ttosta assai d’un tamburro accordato:
nun te parlo de chiappe e dde senato
che tt’appicceno er foco a le bbudelle.
Quer naso solo, quela bbocca sola,
queli du’ occhi, sò rrobba, Ggiuvanni,
da fàtte restà llí ssenza parola.
Si è ttanta bella a vvédela vistita,
Cristo, cosa sarà sott’a li panni!
Bbeato er prete che sse l’è ammannita!
11 dicembre 1834

Vera trasteverina (B.Pinelli, elaboraz computer N.Valerio)Versione. Ci possono essere al mondo donne belle, ma un pezzetto di carne prelibato come la serva nuova del curato non si trova, per Dio, nel firmamento. Non ti dico il colore della pelle più soda assai di un tamburo accordato: non ti dico delle natiche e del seno, che ti accendono il fuoco alle budella. Quel naso solo, quella bocca sola, quei due occhi, sono cose, Giovanni, da farti restare senza parola. Se è tanto bella a vederla vestita, Cristo, cosa sarà sotto i panni! Beato il prete che se la gode!

Da notare che il soggetto che si pappa una tale bellezza non è un monsignore o un cardinale, ma un semplice curato, che nell’esercito della teocrazia che comandava a Roma nel regno del Papa poteva essere tutt’al più un “caporalmaggiore”, Notiamo anche che il Belli si concede, nella lode per la bellezza della serva nuova, un paio di bestemmie, tipico riempitivo entusiastico nel parlare del popolino di Roma e anche del suo contado.

Ma poi il nostro poeta, per tragico contrappasso, fa un uso antifrastico della bellezza in un altro sonetto con lo stesso titolo:

LA BBELLEZZA
Viè a vvéde le bbellezze de mi’ Nonna.
Ha ddu’ parmi de pelle sott’ar gozzo:
è sbrozzolosa come un maritozzo
e trittica ppiú ppeggio d’una fronna.
Nun tiè ppiú un dente da maggnasse un tozzo:
l’occhi l’ha pperzi in d’una bbúscia tonna,
e er naso, in ner parlà, ppovera donna,
je fa cconverzazzione cor barbozzo.
Bbracc’e ggamme sò stecche de ventajjo:
la vosce pare un zon de raganella:
le zinne, bborze da colacce er quajjo.
Bbe’, mmi’ nonna da ggiovene era bbella.
E ttu dda’ ttempo ar tempo; e ssi nun sbajjo,
sposa, diventerai peggio de quella.
2 novembre 1833

Italiana (Michail Scotti 1814-1861)Versione. Vieni a vedere le bellezze di mia nonna. Ha due palmi di pelle sotto il mento: è bernoccolosa come un maritozzo [tipico panino lievitato romano con uvetta] e tremola peggio che fosse una fronda [mossa dal vento]. Non ha più un dente per mangiare un tozzo di pane: gli occhi sono persi dentro occhiaie profonde, e il naso nel parlare gli fa  conversazione con il mento. Braccia e gambe sono stecche di ventaglio: la voce sembra quella di una ranocchia: le mammelle borse da colarci il quaglio. Ebbene, mia nonna da giovane era bella. E tu dà tempo al tempo e se non sbaglio, donna, diventerai peggio di quella.

Altro che bellezza ! Spietato commento sulla sua caducità, vedi l'articolo sul sonetto "L'eta' delle donne". Riprendiamo per analogia una quartina del sonetto Madama Lettizzia sulla decadenza del potere e della bellezza. Letizia Bonaparte era la madre di Napoleone e viveva a Roma, quasi in esilio, dopo i fasti dell'impero napoleonico, ridotta ad una specie di larva umana.

MADAMA LETTIZZIA 
. . . sta sopr'a un canape', povera vecchia,
impreciuttita lì peggio d' un osso;
e ha più carne sto gatto in d'un orecchia
che tutta quella che lei porta addosso . . .
8 settembre 1835

Versione. Sta sopra un divano, povera vecchia, rinsecchita peggio di un osso; e ha piu carne questo gatto in un'orecchio che tutta quella che lei ha addosso…

Ritratto di vecchia (elaboraz. da P.Vergine 1800-1863)Ma torniamo ai canoni della bellezza, che non sono cambiati molto dai tempi del Belli ad oggi. Allora la moda imponeva alle donne borghesi e aristocratiche, da una parte sederi finti e dall'altra stecche di balena per stringere la "guépière" e tirar sù il seno. Oggi c’è il chirurgo estetico che taglia e cuce a seconda delle esigenze.
Allora come oggi la bellezza serve alle donne per fare carriera, o meglio, un tempo la bellezza muliebre poteva servire al marito per fare carriera, mentre l'emancipazione femminile oggi consente di mercanteggiare direttamente la bellezza e la giovinezza del corpo con la carriera in politica, all'Università, in grandi aziende di Stato, dove talvolta mogli e mariti occupano in modo un po' spregiudicato le posizioni di vertice.

IMMAGINI. 1. Giovane donna (libera elaboraz da Bathsheba di Drost). 2. Giovane donna romana al Carnevale (part., A.Mokeizkij). 3. Italiana con fiori (part., P.Orlov). 4. Giudicata con gli occhi di oggi la popolana romana dell’800 forse non era propriamente una “bella donna”. Ecco lo sguardo fiero e superbo di una “vera trasteverina”, come riporta l titolo dell’incisione, probabilmente una minente con i suoi tipici orecchini vistosi o “scioccaje” (elaboraz. da B.Pinelli). 5. Per contrasto, l’ideale romantico ed elevato di bellezza toccò nell’800 le donne dell’aristocrazia e dell’alta borghesia (Michail Scotti, 1814-1861). 6. Ritratto di vecchia (elaboaz. da P.Vergine). Anche lei, come madama Letizia, è stata giovane e bella!

AGGIORNATO IL 17 FEBBRAIO 2015

1 commento:

Anonimo ha detto...

una spettacolare cinica atuale realtà...complimenti!!!:-)

 
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