24 agosto 2010

Fatti curiosi ieri e oggi: quando il prete è preso per un cinghiale.

Sembra ripetere la tragicomica vicenda raccontata dal Belli in un suo gustoso sonetto la cronaca d'oggi: un inspiegabile incidente di caccia che ha del grottesco.
      Un cacciatore di frodo ha sparato e ucciso con un solo colpo, usando un grosso proiettile da cinghiale, nelle Murge, vicino Altamura (Bari), un prete, don Francesco Cassol, 55 anni, parroco a Longarone, scambiando – così ha sostenuto davanti ai carabinieri – il sacco a pelo, dove il sacerdote dormiva all’aperto e senza tenda, per "un grosso cinghiale". L’omicida confesso è Giovanni Converso Ardino, di 51 anni. Secondo le sue dichiarazioni, il cacciatore verso la mezzanotte tra il 21 e il 22 agosto è arrivato al Pulo di Altamura con la propria autovettura per cacciare di frodo i cinghiali, e si è fermato a qualche decina di metri dal terreno dove si trovavano don Cassol e i partecipanti al ‘Raid Goum’, un ritiro spirituale itinerante in località disabitate. 
      Anche se a noi sembra incredibile, dopo aver visto la foto del luogo dell’omicidio (i cinghiali hanno un olfatto sensibilissimo, di notte si muovono, e comunque mai si fermerebbero a lungo in un terreno piatto, scoperto e povero di cespugli com’è il "deserto" di Altamura), il "cacciatore" ha dichiarato di aver scambiato al buio le sagome dei dormienti nei sacchi a pelo per un branco di cinghiali, ed ha deciso di colpire quello che riteneva essere il capo branco. Pochi istanti dopo, avendo sentito il vociare dei componenti del gruppo, si è reso conto del tragico errore, ed è fuggito con la sua auto. Questa la versione che i carabinieri hanno per ora divulgato mostrando di credere alle giustificazioni del bracconiere. 
      La lotta fra l'uomo e le fiere è di antica data. Fino al secolo scorso i pastori dovevano difendersi dai lupi, oggi sono i cinghiali a fare danni all'agricoltura, essendo in grado di riprodursi in poco tempo e di devastare in una nottata grandi estensioni di colture, specialmente il mais. Molteplici e interessanti i significati religioso-mitologici del cinghiale nell'antichita'. Per i Celti era un animale sacro, simbolo della forza divina. In India rappresentava la forza creatrice dopo il caos originale. Molte culture mediterranee lo identificavano con la morte, ucciderlo sigificava sconfiggere gli inferi. Per i Greci, al contrario, simboleggiava il coraggio virile, mentre per gli Etruschi era il collegamento con le divinita' infernali e veniva cacciato di notte, sembra anche con pantere e cani feroci, al suono di flauti. Il Dna dei pastori e dei contadini sembra abbia ereditato parte di questi rituali antichissimi e il desiderio di combattere e uccidere il cinghiale anche in barba alle leggi esistenti. La zona del delitto è infatti una riserva dove è vietata la caccia a tutte le specie. E' utile aggiungere, infine, che questi cinghiali di grossa taglia che tanti danni fanno alle specie autoctone (piante e animali) sono stati introdotti proprio dai cacciatori, per giustificare uno "sport" oggi crudele e inutile. . 
      Anche il nostro Belli ha commentato un analogo ma incruento fatto di cronaca, in un sonetto: . 
LA CACCIA DE LA REGGINA
Na Regginella annanno in portantina
a ccaccia in d’una macchia ariservata,
vede una bbestia nera che ss’inchina
fra le frasche, e cce resta arimpiattata.
Presto pijja la mira la Reggina,
e, ppúnfete, je dà ’n’archibbusciata;
e ggià ssu cquella bbestia mmalandrina
tiè la siconna bbotta preparata.
"Oh ddio, sagra Maestà, nnun m’accidete",
strillò una vosce for de la verdura:
"io nun zò un porco, Artezza mia, sò un prete".
La Reggina a sto strillo ebbe pavura;
e jje disse: "Aló, in gabbia; e imparerete
a spaventamme in corpo la cratura".
Roma, 10 febbraio 1833
Versione e spiegazione. La caccia della Regina. Una giovane Regina ( Maria Isabella, moglie di Francesco I Borbone, Re delle due Sicilie) mentre andava in portantina a caccia in una riserva reale (il fatto sembra accaduto realmente, nei pressi di Sorrento), vede una bestia nera che si inchina fra le frasche e vi resta rimpiattata. Sùbito, la Regina prende la mira e gli spara un'archibugiata, e già su quella bestia malandrina tiene pronto un secondo colpo. "Oh Dio, sacra Maestà non uccidetemi", strillò una voce fuori dalle frasche: "Io non sono un porco, Altezza mia, sono un prete". La Regina si spaventò per questo gridare; e gli disse: "Via, in prigione; e imparerete a spaventarmi in corpo la creatura" (la Regina era incinta). La Regina difatti condannò il "prete-porco" – così scrive il Belli in nota – ad un periodo di reclusione in un convento per averle fatto paura nel gridare aiuto. . 
IMMAGINI. 1. La caccia al cinghiale è antichissima, raffigurata anche sui vasi greci, nelle tombe etrusche e in sculture etrusco-romane. Qui è in un’urna cineraria estrusca ispirata al mito di Meleagro e della caccia al cinghiale caledonio. 2. Portantina regale "alla spagnola", retta da due cavalli: molto più robusta e più alta da terra, e priva degli inermi portatori a piedi. Potrebbe verosimilmente essere stato questo il tipo scelto dalla regina incinta per la sua sortita nel bosco tra forre e cespugli fitti (modellino da collezione).
 
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