Jean era una giovane donna inglese bella e colta. Come mai finì in un convento maschile travestita da monaco? Questo è il punto. Se riusciamo a trovare una risposta a questa domanda, poi non ci sarà difficile rispondere al secondo quesito: come diavolo fece a farsi eleggere Papa?
Dopo sette anni di ricerche, la scrittrice americana Donna Woolfolk Cross, docente di letteratura, fece uscire nel 1996 la prima edizione di un libro ("
Pope Joan") sulla controversa figura della papessa Giovanna. Testo che è stato il soggetto del film di Sönke Wortmann "
Die Päpstin" (La papessa), presentato al Festival di Berlino del 2009 e distribuito nel maggio 2010 in Italia.
Ora, insieme al film, il libro appare anche in Italia da un editore che
Il Mondo del Belli stima molto, per due motivi: 1. si occupa anche di cose romane e della Roma d'una volta (e quando si chiamava Avanzini e Torraca pubblicò la prima edizione economica dei
Sonetti con note del Cagli); 2. fa libri bellissimi, ben fatti, ben stampati, che non si rompono, ed economicissimi (
La Papessa, Newton Compton, euro 4.90).
Negli Stati Uniti, all’inizio il libro non vendette molte copie: l’editore, come spesso accade, era troppo pigro: non ci credeva. La Cross decise perciò di scendere in campo personalmente e di coinvolgere il pubblico sul tema intrigante e moderno della "giovane donna che cerca di superare le convenzioni sociali e gli stereotipi di genere facendo leva sulla sua intelligenza e tenacia". L’idea ebbe successo. C’era già stata, nel 1972, una prima trasposizione cinematografica della vicenda della papessa (con Liv Ullmann nel ruolo di Giovanna e con la partecipazione di Olivia de Havilland e di Trevor Howard nel ruolo di papa Leone). Ora è arrivato il lungometraggio presentato alla "Berlinale" basato sul libro della Cross. La scrittrice ha così potuto approfittare della notorietà che viene dal cinema per una ristampa riveduta e corretta della prima edizione (v. immagine della copertina).
Lo scrittore Lawrence Durrell, che non solo era inglese ma in gioventù era stato nei Servizi segreti, e dunque non abituato a bersi qualsiasi cosa, ha ricostruito l'ambiente medievale nel quale poteva essere possibile una storia che oggi sarebbe impossibile. Una fanciulla orfana ma di intelligenza acutissima, adottata da un monaco predicatore che viaggia in tutta Europa, la traveste da fraticello per proteggerla dagli stupratori, la fa entrare nel monastero di Fulda, la fa studiare a Magonza (Mainz, in Renania). A poco a poco diventa così erudita in teologia da impressionare vescovi, cardinali e Sacro Collegio, che mai avevano visto una meraviglia del genere. Ed eccola col nome di Johannes Anglicus fare una prodigiosa carriera ecclesiastica, fino a salire al soglio pontificio col nome di Giovanni VIII. (
La Papessa Giovanna, Longanesi 1973). La prima e unica papessa della Storia.
Ma è proprio Storia? La vicenda sarebbe accaduta verso l’850-855 della nostra Era, subito dopo il pontificato di papa Leone IV o comunque prima di Benedetto III, che nei pochi mesi di pontificato si sarebbe preoccupato – dice la tradizione popolare – di eliminare accuratamente ogni documento e testimonianza del nome stesso dell’intrusa. A completare la censura, il nome papale di Giovanni VIII, quello della papessa, venne utilizzato da un papa di poco successivo (nel 872). Segno che la ferita, la vergogna, bruciava ancora, altrimenti che bisogno c’era di riprendere lo stesso nome e numero? Un accanimento, una vera
damnatio memoriae, su cui è lecito più d’un sospetto.
"Non ci sono abbastanza documenti certi", "impossibile", sostiene oggi la Chiesa ufficiale. Obiezione: e degli altri papi del medesimo periodo abbiamo documenti storici sicuri? Molti sono solo dei nomi.
Erano quelli, non dimentichiamolo, i secoli più oscuri e caotici della storia dell’Occidente. I famigerati "secoli bui" dell’Alto Medioevo, bui non solo perché se ne sa poco, ma anche perché all'opposto del "secolo dei Lumi", il Settecento, illuminato dalla luce della Ragione, erano dominati dalle tenebre del caos e del delitto, della violenza e della superstizione. Visti con gli occhi di oggi, tutto appare possibile in quei lunghissimi nove secoli, quando nel disfacimento dello Stato romano che proprio la Chiesa di Roma aveva fatto crollare con la carica eversiva del suo fanatismo, i vescovi erano di fatto le uniche autorità politiche e amministrative sul territorio. La Chiesa si trovò a riunire nelle proprie mani l’unico vero potere politico ed economico della Penisola. La professione di ecclesiastico romano era una carica nient’affatto spirituale, che assicurava a chi li voleva oro, castelli, titoli e potere. L’elezione dei papi avveniva spesso in modo fortuito, quando non dipendeva direttamente dai rapporti di forza politici e militari di aristocratici e signorotti locali, per ragioni che nulla avevano a che vedere con la religione, tantomeno con la santità della vita di cardinali e papi.
"Le cronache del tempo sono piene di delitti, colpi di Stato, rivolte di palazzo. Il clero, abbandonato a se stesso, sprofondò nella corruzione. I Pontefici e i Vescovi vivevano in un lusso da
Mille e una notte. Abitavano palazzi sfavillanti di marmi e di ori. Si circondavano di servitori e concubine, imbandivano mense degne di Trimalcione, organizzavano concerti, danze e feste mascherate (...). La Chiesa, lacerata da lotte intestine e prigioniera della sua mondanizzazione, non era mai caduta tanto in basso". Marozia, una donna di Spoleto sfrenatamente sensuale e ambiziosissima, divenne l'amante di papi e principi e comandò a lungo su Roma e sulla Chiesa. Il suo amante papa Sergio III arrivò al punto da far strangolare i suoi avversari. Papa Giovanni X che si era opposto al matrimonio di Marozia con un conte Guido, fu deposto e lasciato morire di fame in carcere. Marozia impose come papa il giovanissimo figlio avuto da papa Sergio III. Si chiamò Giovanni XI, ed aveva solo dodici anni. (I. Montanelli e R. Gervaso,
L'Italia dei secoli bui, Rizzoli, Milano 1965).
Figuriamoci se poteva destare uno scandalo maggiore l'elezione di un papa-donna, sia pure sotto mentite spoglie. Vista con gli occhi di oggi, una donna travestita da uomo in quell’ambiente, oltre ad essere tecnicamente possibile vista l’effeminatezza di molti ecclesiastici, sarebbe stato, in fondo, un incidente, un peccato veniale. La storia dei papi di quel tempo è piena di ricatti, imposizioni e deposizioni violente, omicidi. Altro che mascherate. Basta scorrere la lista dei papi prima e dopo la "papessa" per notare un dato inquietante: quasi tutti stranamente sono restati in carica pochi anni o pochi mesi, spesso deposti con la forza o morti anzitempo in modo misterioso e sospetto. Eppure sappiamo che erano in media più giovani e vitali dei pontefici di oggi. La durata del pontificato della papessa Giovanna è del tutto in linea con la durata media dei papi dell’epoca: due anni. E allora, come si spiega tanto sospetto accanimento della Chiesa nel negare, nel cancellare, nel censurare ogni traccia? Con l'antico disprezzo cristiano per la donna, una vergogna che supera evidentemente quella per i delitti, le ruberie e la lussuria.
La Chiesa oggi nega, ovviamente, che le centinaia di documenti, stampe e citazioni su una donna eletta papa siano fondate, e accenna ad una "campagna anti-papista", forse di stampo inglese. Esistevano già i Riformatori e gli anticlericali nell’800 d.C.? No, però la Chiesa fa notare che stampe e documenti risalgono per lo più al tardo Medioevo e al primo Rinascimento.
Vero è, invece, che i primi a darne notizia furono proprio i religiosi, e non i perfidi inglesi, ma i francesi don Giovanni di Metz, studioso domenicano della Lorena, nel 1240, e poi il confratello don Martino di Troppau (Martinus Polonus) che nel suo
Chronicon pontificum et imperatorum parla di Johanna, originaria di Mainz o dell'Inghilterra.
"Si trattava di un papa o piuttosto di una papessa, perché era donna. Travestendosi da uomo grazie al proprio ingegno diventò dapprima segretario della Curia romana, poi cardinale ed infine papa", si legge a proposito di una Johanna inglese o nativa di Mainz nella
Chronica Universalis del frate Jean de Mailly (ca. 1250).
E centinaia sono le stampe, le citazioni, gli scritti, anche di intellettuali prestigiosi, che danno per davvero esistita la papessa Giovanna. Come quelli del famoso filosofo e teologo francescano Guglielmo di Ockham. Nel Duomo di Siena, la sua immagine appare tra quella dei veri pontefici. Il grande Boccaccio, padre della lingua italiana e grande raccoglitore di storie curiose nel
Decamerone, ne scrisse nel suo
De claris mulieribus (Le donne famose): dunque, anche per lui la papessa era una "donna famosa", realmente esistita. Ma ne parla anche il Plàtina, che non era un umanista qualunque, ma era intellettuale di fiducia di vari papi e fu fatto prefetto della Biblioteca Vaticana da Sisto IV.
Insomma, anche se non ci sono prove certe o se c’erano furono distrutte, le carte, le voci ricorrenti e tutte concordanti (nelle pure leggende, invece, le varianti sono infinite e alla fine discordanti), insomma tutte le citazioni che parlano di lei sono indizi troppo numerosi – direbbe un investigatore – perché la papessa Giovanna possa facilmente essere ritenuta, come ritiene oggi la Chiesa, un personaggio del tutto inventato, e non contenga molto o qualcosa di vero.
Intanto, mentre la Chiesa negava l’evento straordinario del papa-donna, prendeva provvedimenti per cautelarsi da possibili travestimenti futuri.
L’immaginazione popolare ingigantì forse l’importanza della cerimonia, ma certo questa sembrava fatta apposta per rassicurare non solo il popolino ma anche i cardinali, la Curia e l’intera comunità ecclesiale. E se non ci fosse stato il precedente della papessa Giovanna – argomentarono i critici della Chiesa di Roma – l’intero rito sarebbe stato inutile, anzi grottesco e perfino offensivo per la dignità del papa neoeletto e dei cardinali coinvolti.
In che cosa consisteva? In una prova molto rozza, al limite della volgarità. Il papa, dopo l’elezione veniva fatto sedere su un’apposita sedia di porfido rosso con un largo foro sul pianale. Un bell’esemplare è conservato nei Musei Vaticani (
v. immagine). Si tratta di un’elegante sedia “escretoria” di origine romana, probabile reperto di latrine di lusso tolte da chissà quali settori termali riservati ai Vip d’allora, i ricchi patrizi, oppure – secondo altri interpreti – di una “sedia gestatoria”, cioè d’un sedile da parto per gentildonne (nell’Antichità e a Roma soprattutto era molto usato il "parto seduto").
Ebbene, assiso su questa sedia bucata, il neo-papa veniva tastato, attraverso il foro, nelle parti basse da un diacono o dal più giovane cardinale del Conclave, che introduceva il braccio da un'apertura laterale. E se l’investigazione era andata a buon fine, esclamava ad alta voce: "
Virgam et testiculos habet!" ("Ha il pene e i testicoli"). E tutti gli ecclesiastici rispondono in coro: "
Deo Gratias" ("Grazie a Dio"). Solo allora procedono alla consacrazione del papa eletto. (F.Hamerlin,
De Nobilitate et Rusticitate Dialogus (ca.1490). "
He has two balls, and they are well hung" ("Ha due palle e ben appese"), sarebbe stato invece il referto d'un cardinale, quasi di sapore medico, secondo il viaggiatore svedese L.Banck che aveva assistito all’incoronazione di papa Innocenzo X nel 1644 (v. l'antica stampa tratta dal suo rapporto), come riporta P.Stanford,
The Legend of Pope Joan, Berkeley Books, New York 1999, pp.11-12.
Infatti, esisteva il detto "
Testiculos qui non habet Papa esse non posset" (F.Sorrentino,
Prova di Virilità, in "Medioevo", De Agostini, n.7, 2008 pp.90 e ss.).
Che vuol dire, tradotto in parole povere ad uso degli ecclesiastici ambiziosi di ieri e di oggi: puoi anche avere una grande testa, ma se non hai i testicoli, scòrdati il Papato! Il che è davvero un uso improprio delle gonadi. E per la legge delle "pari opportunità" pone inquietanti parallelismi. Sarebbe come dire che, se alcune categorie di uomini hanno il potere grazie ai testicoli, allora, trasportando il ragionamento al femminile, avrebbero ragione escort, stagiste o donne "di piccola virtù" a fare carriera, soldi o politica con la vagina.
Una conferma sulla funzione della sedia viene anche dalla
Teologia portatile o Dizionario abbreviato della Religione Cristiana del barone d'Holbach, acuminato redattore delle voci religiose della
Encyclopédie di Diderot e d’Alembert. Definisce la sedia stercoraria come "sedia bucata su cui il pontefice appena eletto pone le sue sacre terga, affinché possa essere verificato il suo sesso, onde evitare l'inconveniente di una papessa".
Ma Bartolomeo Sacchi (il famoso "Plàtina" autore del libro di gastronomia
De honesta voluptate et valetudine, tratto dal grande cuoco Martino da Como), era un umanista di Curia a stipendio dei Papi, e per di più prefetto della Biblioteca Vaticana. Quindi non poteva rischiare. E infatti, ricorda la sedia stercoraria in termini vaghi e ipocriti: "Questa sedia è stata così predisposta affinché colui che è investito da un sì grande potere sappia che egli non è Dio, ma un uomo, e pertanto è sottomesso alle necessità della natura".
Laddove per "natura" non si sa bene quale delle tre funzioni della sedia forata il Plàtina intendesse privilegiare, se il defecare, il partorire - ma allora, andava benissimo la papessa Giovanna! - o il possedere (e all’occorrenza usare) i testicoli al fine di generare. Generare? E sempre lì torniamo. La lingua della Chiesa batte dove il dente duole.
Fatto sta che perfino il fidatissimo Plàtina dove mette la fatidica sedia bucata? Nella sua
Vita della Papessa Giovanna, guarda caso, rafforzando così e ad altissimo livello un collegamento che invece la Chiesa di oggi esclude. Anche per C. D'Onofrio il rito aveva carattere religioso, ma non potendosi arrampicare sugli specchi sale sulla sedia. Per lui è una "sedia da parto", e simboleggerebbe nientemeno la Santa Madre Chiesa che "genera" (
aridaje!) i suoi figli destinandoli alla vita eterna (
Mille anni di leggenda: Una donna sul trono di Pietro, Romana Soc.Ed 1978). Nel Seicento inoltrato lo storico e pastore protestante D. Blondel smentì che la sedia forata servisse a provare l’esistenza dei testicoli del papa.
Il rituale della sedia forata sarebbe stato in vigore fino al 1513. Anzi i sedili su cui posare le terga pontificali erano due - ricordava A. Boureau - chiamati "seggi curuli". Ma, obiettiamo, la rituale
sella curulis, riservata ai più alti magistrati Etruschi e Romani nelle cerimonie, non poteva essere di marmo, perché in origine era pieghevole, insomma un sedile di legno intarsiato e dorato a forma di X. Ad ogni modo, sul primo sedile il neoeletto papa avrebbe ricevuto lo scettro del comando e le chiavi di S. Pietro, sul secondo una cintura rossa dalla quale pendevano dodici gemme. E’ probabile che gli antichi cronisti e il popolino siano rimasti impressionati da questi sedili forati e li abbiano collegati alla storia, anzi alla leggenda, della papessa Giovanna (
La papessa Giovanna. Storia di una leggenda medievale, Einaudi 1991).
A proposito, come andò a finire la papessa? A Giovanna Angelica (così la chiama il Boccaccio) fu dato per segretario un giovane prete, erudito e raffinato, che standole sempre accanto finì per per scoprire il suo vero sesso. Così narra la storia. Ma il dramma, anzi il colpo di teatro, si compì in pubblico durante la processione di Pasqua. Tornando il Papa in Laterano, quando il corteo papale era vicino alla basilica di San Clemente, il cavallo che portava la Pontefice si imbizzarrì per la folla plaudente che stringeva la processione, e per lo spavento Giovanna ebbe doglie violente e un parto prematuro. Immenso lo scandalo. La folla - racconta la storia - fu impietosa, attribuendo il parto ad un prodigio del diavolo. La papessa fu fatta trascinare per i piedi da un cavallo e poi lapidata a morte nei pressi di Ripa Grande. Un dettaglio della leggenda vorrebbe che sulla sua tomba fosse stato inciso un verso che ricorda l’occultismo satanista:
Petre Pater Patrum Papissa Pandito Partum. Parole attribuite ad un indemoniato durante il passaggio della papessa. Ma qui siamo in pieno esoterismo.
Sul luogo in cui fu svelata la vera natura della papessa, all’angolo tra via dei SS. Quattro Coronati e Via dei Querceti, fu eretta una piccola edicola votiva tuttora esistente, buia e in stato d'abbandono, nota come il "Sacello". E' chiusa da un'inferriata e risale almeno all’XI secolo. Ma nel Seicento anche l'itinerario dell'antica processione pasquale fu smentito da G. Blondel. A suo dire, la tradizionale processione papale di Pasqua verso l'800 non passava nella strada dove secondo la storia popolare - creduta vera da tutti fino alla fine del Rinascimento - sarebbe avvenuto il parto della papessa Giovanna.
Vera, leggendaria o simbolico-pedagogica che sia questa vicenda, resta il suo trasparente significato semantico: l'ossessione del popolo della Chiesa e delle sue gerarchie, in un'epoca confusa e violenta in cui il potere ecclesiastico si imponeva sempre più come potere politico ed economico, per la sessualità del Papa, vicario di Dio, sì, ma anche pericolosamente uomo, e per la donna, nella quale Satana era sempre pronto ad incarnarsi. Tre paure - il sesso, la donna e il diavolo - che hanno alimentato fin quasi ai nostri giorni il fanatismo della Chiesa di Roma, e che la storia di Giovanna ebbe il merito di sintetizzare e simboleggiare alla perfezione.
E Giuseppe Gioachino Belli come entra in questa contorta avventura? Come il Boccaccio, non poteva perdersi una tale bellissima storia dell'immaginario popolare, e la narra in un sonetto con la consueta sintesi scultorea d'un virtuale e ignorantissimo popolano romano:
. LA PAPESSA GGIUVANNA
Fu ppropio donna. Bbuttò vvia ’r zinale
prima de tutto e ss’ingaggiò ssordato;
doppo se fesce prete, poi prelato,
e ppoi vescovo, e arfine Cardinale.
E cquanno er Papa maschio stiede male,
e mmorze, c’è cchi ddisce, avvelenato,
fu ffatto Papa lei, e straportato
a Ssan Giuvanni su in zedia papale.
Ma cquà sse ssciorze er nodo a la Commedia;
ché ssanbruto je preseno le dojje,
e sficò un pupo llí ssopra la ssedia.
D’allora st’antra ssedia sce fu mmessa
pe ttastà ssotto ar zito de le vojje
si er pontescife sii Papa o Ppapessa.
26 novembre 1831
Versione. La papessa Giovanna. Fu proprio donna. Prima di tutto gettò via il grembiule e divenne soldato, poi si fece prete, poi prelato, poi vescovo e infine cardinale. E quando il papa maschio stette male e morì (c’è chi dice avvelenato) fu fatta papa lei e trasportata a S.Giovanni sulla sedia papale. Ma qui si sciolse il nodo della commedia, perché ex abrupto [all’improvviso] le presero le doglie e partorì un bambino là, sopra una sedia. Da allora un’altra sedia fu introdotta, per tastare sotto il sito delle voglie se il pontefice sia papa o papessa. .
IMMAGINI. 1. Il manifesto del film tedesco Die Papstin (uscito quest'anno in Italia col titolo La Papessa) tratto dal libro Pope Jean, di Donna Woolfolk Cross. 2. La copertina del libro della Cross (edito in Italia da Piemme). 3. La sedia stercoraria in porfido rosso, di origine romana, conservata ai Musei Vaticani. 4. Papa-donna con bambino, una fantasiosa stampa popolare apparsa in Germania. 5. La Papessa, dipinta su una carta dei tarocchi per i Visconti-Sforza da Bonifacio Bembo (ca. 1450). The Pierpont Morgan Library, New York. La Papessa, è tuttora una delle carte più famose dei tarocchi, ritratta anche come la "prostituta sulla bestia" citata nell'Apocalisse. 6. Papa Innocento X appena eletto (1644) è sottoposto alla "prova della sedia" per l'accertamento della virilità.