21 marzo 2010

Professioni d’oro: il “marito della moglie del prete”

Non solo oggi, ma già ai tempi del Belli i preti ne facevano di tutti i colori, soprattutto in fatto di sesso. Tanto che ne venne un detto romanesco "Nun fa' quello che il prete fa, ma fa' quello che il prete dice", con cui "Peppe er tosto" (così il Belli si firmava) fa terminare un sonetto.
Il fatto è che il potere temporale della Chiesa consentiva ai membri del clero di fare e disfare a piacimento le regole a cui, invece, tutti gli altri sudditi dovevano obbedire. E una delle regole più violate era la castità.
Abbiamo visto che la frequentazione dei bordelli era una delle valvole di sfogo. Ma se il prete non era un puttaniere poteva anche essere tentato di accasarsi stabilmente con una bella ragazza. Ma come fare? Gettare l'abito talare alle ortiche? Manco per sogno. Il Belli evidenzia nei sonetti una figura caratteristica, che con alcune varianti definisce "il marito della moglie del prete".
In sostanza i preti propensi ad accasarsi andavano a caccia di due diverse opportunità.
1) Ricerca di un giovine di famiglia credente e bisognosa e dal carattere buono e remissivo. Seguirlo nella dottrina e dare un minimo di aiuto alla sua famiglia e a lui stesso (in modo da predisporre una certa omertà').
Ricerca poi di una giovine bella e disinibita ma povera e senza conoscenze, disposta a cambiare vita e a seguire la tonaca in una possibile scalata delle gerarchie ecclesiastiche. Se il prete era giovane e rampante poteva essere un ottimo investimento per la coppia disponibile a questo compromesso.
Entrambe le ricerche erano facili essendo disponibile una enorme quantità di materia prima, l'indigenza del popolo minuto.
Nel contado un semplice parroco già' aveva i mezzi e il potere di organizzare tutto questo. A Roma città' era più alla portata di gerarchie superiori.
Ma veniamo alla procedura. Il prete o prelato offre al giovane dal buon carattere su un piatto d'argento il matrimonio con una "perla" di ragazza con dote e con corredo, insieme a un buon impiego in qualche sito dell'amministrazione della città o all'apertura di una attività artigianale. Una specie di terno al Lotto. Naturalmente tutto finanziato "dar furmine a tre pizzi" (il tricorno del prete antico). Certo esiste l' alea sulla durata di questo "menage a trois" dovuto all'età e alla salute del prete. Soprattutto se l' impiego e' nei palazzi del potere.
In questo modo questa trinità, triade o trimurti comincia il suo cammino, ovviamente fra i raschi di gola e i commenti più o meno salaci di chi inevitabilmente sa o crede di sapere, ma non può dire apertamente.
Ma esiste anche una seconda possibilità:
2) Imbattersi nel corso dell' apostolato in una coppia già formata, nel cui nido il cuculo-prete veda possibile deporre le sue uova, certo non all'insaputa dell'uccellina, e forse ma non sempre, con la buona fede del cornutello.
In questo frangente piovono regali e prebende, spesso mascherati da improbabili vincite al lotto.
Sarebbe divertente entrare più a fondo nel merito di questi straordinari "menages". Quali accordi non scritti e forse neanche sussurrati esistevano all'interno di questa triade? Forse il prete aveva il diritto di pretendere l'esclusività del talamo coniugale, o forse no; certo sarebbe curioso che il voto di castità sottoscritto dal prete nel matrimonio con l' "ecclesia", fosse passato brutalmente al povero "marito della moglie del prete", un vero "testa coda", un ribaltamento totale degli impegni assunti dal prete da una parte e dal marito dall'altra. Un curioso scambio di prerogative e doveri tra marito e prete, con il primo che deve rinunciare a favore del secondo alla prerogativa del santo matrimonio "ad procreandam prolem" con l'inevitabile contemporanea assunzione del voto di castità, tipico, mai invidiato, e sovente non rispettato onere del prete. Andava proprio cosi? Forse il povero marito era poi costretto a mettere le corna alla moglie con qualche Santaccia di turno (vedi i sonetti Santaccia di piazza Montanara), frequentando bordelli e pagando, sempre con i soldi del prete, un amore mercenario, che per le regole della Santa Madre Chiesa lo avrebbero condotto al peccato mortale e al rischio dell'Inferno.
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Vediamo l'episodio più noto e più eclatante di questa straordinaria “professione” descritta dal Belli con diversi sonetti. E' il caso della "puttana santissima" Clementina Verdesi, l'amante del Papa Gregorio XVI, moglie del suo cameriere segreto Gaetano Moroni (Roma, 1802-1883) definito “barbiere” dai suoi critici (compreso il Belli) perché, di umili origini, in gioventù aveva aiutato nel mestiere il padre barbiere, ma in realtà divenne poi studioso bibliografo e fine erudito e diede alle stampe il monumentale Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, al quale lavorava anche 14 ore al giorno. Confermato anche dal romanziere Stendhal, allora console di Francia a Civitavecchia, in una lettera al Duca di Broglie del 5 Aprile 1835: "Il Papa ama riposarsi in compagnia della moglie di Gaetanino. Questa donna, che può avere 36 anni, non è né bene né male. Gaetanino quattro anni fa non aveva niente e ora contratta immobili per 200.000 franchi".
Come si dice, il pesce puzza dalla testa, e se il Papa dava un tale buon esempio, la truppa del clero non poteva che seguirlo.
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UN ANTRO VIAGGIO DER PAPA
Io ste cose le so da la padrona
che lo disse a llei stessa l’antro ggiorno
la puttana santissima in perzona
2 giugno 1835
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UN FELONIMO
Perché er zor Dezzio senza move un deto
va ssempre bben carzato e bben vistito?
Lo volete sapé? pperch’è mmarito
de la mojje d’un prete: ecco er zegreto.
Er bon deggno eccresiastico, anni arrèto,
lo conobbe pe un giovene compito:
je messe amore, e jj’asseggnò ppulito
er frutto de la viggna de Corneto.
Cuanno vedete un omo sfaccennato
che vve fa lo screpante e ’r zostenuto,
guardate avanti a ttutto s’è ammojjato.
S’è scapolo, ha cquarch’antr’arma d’ajjuto:
o ll’uggna longhe, o ffra ddenti e ppalato
un pezzetto de carne un po’ ppizzuto.
Roma, 5 maggio 1833
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Versione. Un Fenomeno. Perchè il sor Decio senza muovere un dito va sempre ben calzato e ben vestito? Lo volete sapere? Perche' e' il marito della moglie di un prete: ecco il segreto. Il buono e degno ecclesiastico anni indietro riconobbe che era un giovane a modo: prese a benvolerlo e gli fece sposare il frutto della vigna di Corneto (localita' immaginaria da dove provengono le donne che mettono le corna). Quando vedete uno sfaccendato che fa il presuntuoso e il sostenuto, guardate prima di tutto se e' ammogliato. Perche' se e' scapolo si aiuta in altri modi, o ha le unghie lunghe (ladro) o ha fra denti e palato una lingua un po' pizzuta (fa la spia).

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Ma non tutte le ciambelle riescono col buco, in qualche caso il marito scelto dal prete si rifiuta vivacemente si sposare l'amante del prete, come descritto nel sonetto che segue.
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TRESCENTO GNOCCHI SUR ZINALE
Io l’aringrazzio tanto, sor don Pio,
de quela dota che ttiè bbell’e ppronta.
Io pe rregola sua campo der mio
senza bbisoggno un cazzo de la ggionta.
’Na zozza, frittellosa, onta e bbisonta
piú ppeggio de la panza d’un giudio,
che indove tocca sce lassa l’impronta,
nu la vorría si mme la dàssi Iddio.
Io a ste facce da spazzacammini
nun je darebbe un pizzico nemmeno
le vedessi cuperte de zecchini.
Sor don Pio, tra la zella io nun ce godo
come lor’antri preti, c’o ppiú o mmeno,
drent’a la porcheria sce vanno in brodo.
27 aprile 1835
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Versione. Trecento scudi sul grembiule. Io la ringrazio tanto sor Don Pio per quella dote che tiene bella e pronta. Ma io per sua regola campo delle mie sostanze, senza affatto bisogno di averne di piu’. Una zozza piena di macchie, unta e bisunta, molto peggio della pancia di un ebreo, che dove tocca ci lascia l’impronta, non la vorrei anche se provenisse da Dio. Questo genere di facce da spazzacamini non le toccherei neanche se fossero coperte di zecchini. Sor Don Pio io non ci godo a stare in mezzo al sudiciume, come fate voi altri preti, che chi piu’ chi meno tutti ci provate piacere.
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Se poi la tresca viene condotta senza il consenso dello sposo, il furore di lui diventa irrefrenabile in attesa che schiatti "er tu porco de prelato".
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ER MARITO ASSOVERCHIATO
Gode, gode, caroggna bbuggiarona.
Bbrava! strilla un po’ ppiú, strilla ppiú fforte.
Troja, fàtte sentí: vva’, pputtanona,
spalanca le finestre, opre le porte.
Mó è ttempo tuo: oggi vò a tté la sorte.
Scrofa, lassela fà ssin che tte sona.
’Na vorta ride er ladro, una la corte;
e la cattiva poi sconta la bbona.
Te n’ho ppassate troppe, foconaccia:
ecco perché mm’hai rotta la capezza,
vacca miggnotta, e mme le metti in faccia.
Ma schiatterà er tu’ porco de prelato,
e allora imparerai, bbrutta monnezza
cosa vò ddí un marito assoverchiato.

18 marzo 1834
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Versione. Il marito sottomesso. Godi, godi carogna, gran puttana. Brava strilla di piu', strilla piu' forte. Troja, fatti sentire dal vicinato: piu' forte, puttanona, spalanca le finestre, apri le porte. Adesso ti dice bene: hai la sorte a favore. Scrofa, goditi il tuo momento fin che puoi. Che una volta ride il ladro, ma poi ride il tribunale, e le cattive azioni sono poi punite. Te ne ho fatte passare troppe, mignottona; ecco perche' ti sei potuta liberare dalle briglie (del matrimonio), vacca, meretrice, e me le hai gettate in faccia. Ma dovra' morire quel tuo porco di prelato, e allora imparerai brutta schifezza cosa ti fara' passare un marito soverchiato (messo sotto dalla moglie).
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I preti che avevano optato per una tranquilla vita coniugale utilizzando la formula del ménage à trois, morendo non potevano fare a meno, per amor paterno, di istituire eredi i figli del "marito della moglie del prete", insieme alla "fedele" si fa per dire, moglie medesima. Per caso si verifico’ nel 1833 la morte in due giorni consecutivi di due prelati, entrambi coinvolti in menages del genere. Il sonetto è davvero ostico, appesantito da termini giuridici deformati, ma lo aggiungiamo per completezza imformativa.
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L’ARREDE DER PRELATO
Cuer Prelato, cuer cazzo de somaro
che mmorze de pulenta francescana,
sappi che llassò arrede fittucciaro
don Fregaddio, cuell’antra bbona lana.
Sentito er testamento der Notaro,
fesce er marito d’Anna la frullana:
"Vòi scommette ch’er prete miggnottaro
dà ttutto a cquarche ffijjo de puttana?".
Bbe’, er prete oggi ha ccacciato una cartuccia
che ddisce: "Io chiamo a tté, ddon Sperandio:
tu cchiama er fijjo che mm’ha ffatto Annuccia".
E er cornuto mó escrama, e ll’ho intes’io:
"Che bbon prete! ha spiegato la fittuccia
tutta in testa de Peppe er fijjo mio".
Roma, 24 gennaio 1833
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Versione. L'erede del prelato. Quel prelato (monsignor Nicolai), quel cazzo di somaro morto di gonorrea (malattia venerea), devi sapere che ha lasciato erede fiduciario Don Fregaddio (storpiamento per Sperandio), un’altra buona lana. Sentito il testamento letto dal notaio, disse il marito di Anna la friulana: vuoi scommettere che il prete mignottaro lascia tutto a qualche figlio di puttana?" Ebbene, oggi e’ uscito fuori un documento del prete che dice: io chiamo (lego) te Don Sperandio: tu poi darai al figlio che mi ha fatto Annuccia. E ora il cornuto esclama, e l’ho sentito io: "che buon prete! Ha passato la fiducia (dal precedente termine fiduciario), cioe’ l’eredita’, tutta a favore di mio figlio Pippo."
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Non mancano riscontri storico-biografici precisi. Nel diario del Principe Agostino Chigi si legge: "Venerdi 18 gennaio 1833. Nella notte e’ passato ad altra vita Monsignor Nicolai in eta’ di circa 80 anni. Ha istituito erede un tal Grossi che e’ passato sempre per suo figlio naturale, in preferenza di due fratelli di esso defunto. Sabato 19, detto. Nella scorsa notte e’ morto dopo un lungo cronicismo Monsignor Lancellotti, Chierico di Camera e Presidente delle Acque e Strade, ed ha lasciato erede il figlio di un suo cameriere che passava per suo figliano, e presso molti per qualche cosa di più". Un altro caso di "marito della moglie del prete".
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IMMAGINI. 1. Vignetta per l'occasione (Nico Valerio). 2. Il manifesto del vecchio film "La moglie del prete" con Sofia Loren e Marcello Mastroianni. 3. A differenza dei corrotti preti della Roma del Belli, il cattolico irlandese Dermot Dunne è stato onesto e coerente: prima è diventato anglicano, poi si è sposato con Celia (nella foto). E' il nuovo Decano, stimato da tutti, della cattedrale di Dublino (Church Times).

3 commenti:

La luce del mondo ha detto...

Davvero informativo! In sintesi: predica bene e razzola male.
Tanto più che oggi la gente pare cadere dalle nuvole intorno a temi simili.
Interessante notare che forse è per l'accresciuto benessere e livello d'istruzione generale che i preti hanno spostatato un po' il tiro e dalle donne fuori dalla chiesa, hanno ripiegato sui ragazzini nell'oratorio.

Nico Valerio ha detto...

Laura, macché, le cronache ancor oggi registrano spesso fatti eterosessualiil che hanno i preti come protagonisti. Un veneto tempo fa trovò la moglia a letto con un prete e andò di filato a protestare col Vescovo. Il prete, al solito, non pagò: si prese una...vacanza in una diocesi lontana. L'omertà mafiosa delle gerarchie della Chiesa è la loro prima virtù teologale.
Insomma, è nutritissimo il terzo scaglione dei preti, quello dei "normali" amanti della donna. Solo che spesso è la "donna d'altri" e c'è anche stupro... Dovrebbero spiegare ai fedeli cattolici come mai non seguono le proprie stesse regole ufficiali. Questo scaglione viene dopo quello dei pedofili e quello degli omosessuali. Due cose diversissime: la pedofilia è un reato e anche un atto doppiamente abietto di violenza psicologica e-o fisica verso chi è incapace di intendere e per di più si fida della tonaca. Mentre l'omosessualità è una libera scelta tra adulti consensienti, che però andrebbe resa pubblica ai fedeli, spiegando come mai dal pulpito la si condanna e poi in privato la si pratica in massa... Una doppiezza vergognosa. Siccome i parrocchiani sono i più conservatori su queste cose, se sapessero tutto, credo che resterebbero ben poche pecorelle nel gregge di Santa Madre Chiesa. Il sospetto, insomma, che la professione del prete attiri soprattutto i maniaci sessuali fin dalla scelta del Seminario è fortissimo.

La luce del mondo ha detto...

Sospetto condiviso, visto che è più facile che diventare premier e ti concede comunque l'immunità.

 
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