Lo stesso Stato della Chiesa, del resto, aveva avuto origine da una finta “Donazione”, quella attribuita a Costantino, e poi aveva sempre fatto mostra di mantenersi in gran parte con le offerte in denaro o beni – vere o estorte che fossero – da parte dei fedeli (“Obolo di S. Pietro” era l’ipocrita definizione). Figuriamoci quando le donazioni, grandi e piccole, erano e sono indirizzate ai singoli prelati! Sono considerate “manna che piove dal Cielo”, quasi provenienti da Dio!
A Natale, tra i meno poveri, come fattori, contadini, artigiani, frati e suore, c’era l’abitudine di ingraziarsi i potenti ecclesiastici con doni e omaggi, per lo più alimentari, con la convinzione, spesso vana, che poiché cardinali e monsignori non avrebbero saputo resistere al vizio della gola, nel momento del bisogno qualche magnanima elargizione, qualche licenza, qualche affaruccio, qualche privilegio, qualche raccomandazione o comunque qualche vantaggio sarebbe pur ritornato al donante. Ma spesso non era così: il clero era avido, e prendeva soltanto. Al contrario, i clientes dei patrizi dell’antica Roma, che erano un’istituzione sociale alla luce del sole e con una sua dignità (anche di “comitato elettorale”), dimostrarono che doni e regalie dovevano rispondere a requisiti ben precisi, ed erano legate ad una vera e propria controprestazione, spesso assistenziale e di rappresentanza politica, da parte del potente dominus.
Ad ogni modo, basta appostarsi davanti al portone dell’abitazione d’un monsignore o cardinale – suggerisce l’io narrante del sonetto al sor Eustachio – per vederne arrivare di tutti i colori, sapori e odori, dal rustico cappone all’aristocratico caviale. Una “processione” – e il Belli usa appositamente questo termine – ben diversa da quelle che dovrebbero interessare il clero, che denota una “devozione” pelosa.
E a proposito di caviale, che molti credono una specialità soltanto russa, va precisato che allora in Italia era meno raro e molto meno costoso di oggi. Era prodotto perfino a Roma, dato che nel Tevere era possibile pescare in alcuni periodi dell’anno anche lo storione, come testimoniato da alcuni vecchi pescatori romani “de fiume” fino ad oltre il 1950. Lo “sturione”, d’altra parte, è raffigurato in un famoso bassorilievo in S.Angelo in Pescheria Nova (Ghetto), che imponeva a scopo fiscale ai “pesciaroli” (venditori di pesce) del locale mercato ittico – dove proprio l’anti-vigilia di Natale si svolgeva un animatissimo cottìo (vendita all’asta) di pesce per la cena rituale – di inviare ai conservatori (consiglieri) in Campidoglio, le teste dei pesci che superavano una certa lunghezza. E chissà a quante zuppe di pesce saranno servite quelle teste, in epoche in cui non si buttava nulla, una volta arrivate nelle mani delle mogli dei consiglieri!
Che, in particolare, il pesce di pregio fosse un regalo tipico per monsignori, vescovi e cardinali lo dimostra anche il sonetto Er cottivo (il “cottìo” è a Roma la grande vendita del pesce ai Mercati Generali all’anti-vigilia di Natale). Un popolano chiedendo a un amico commerciante “pesciarolo” com’è andato il mercato, alla fine arriva al pesce di lusso:
«E, ddi’ un po’, lo sturione quanto vale?»
«Ne sò vvenuti dua, ma ppiccinini,
e ssò iti in rigalo a un Cardinale».
Versione. E dimmi un po’, lo storione quanto costa? Ne sono arrivati due, ma piccoli, e sono andati in regalo a un cardinale.
Ma ecco il sonetto sui regali della Vigilia agli ecclesiastici:
LA VIGGIJA DE NATALE
Ustacchio, la viggija de Natale
tu mmettete de guardia sur portone
de quarche mmonziggnore o ccardinale,
e vvederai entrà sta priscissione.
Mo entra una cassetta de torrone,
mo entra un barilozzo de caviale,
mo er porco, mo er pollastro, mo er cappone,
e mmo er fiasco de vino padronale.
Poi entra er gallinaccio, poi l’abbacchio,
l’oliva dorce, er pesce de Fojjano,
l’ojjo, er tonno, e l’inguilla de Comacchio.
Inzomma, inzino a nnotte, a mmano a mmano,
tu llí tt’accorgerai, padron Ustacchio,
cuant’è ddivoto er popolo romano.
30 novembre 1832
Versione. La vigilia di Natale. Eustachio, la vigilia di Natale mettiti di guardia sul portone di qualche monsignore o cardinale, e vedrai entrare una processione. Ora entra una cassetta di torrone, ora un barilotto di caviale, ora il maiale, ora il pollastro, ora il cappone, e ora il fiasco di vino padronale. Poi entra il gallinaccio, poi l’abbacchio [agnello giovane. NdT], le olive dolci, il pesce di Fogliano, l’olio, il tonno, e l’anguilla di Comacchio. Insomma, fino a notte, a poco a poco, tu lì ti accorgerai, padron Eustachio, quanto è devoto il popolo romano.
IMMAGINI. 1. Monsignore servito a tavola, riccamente imbandita e in una dimora di lusso, da un’elegante cameriera, alla presenza del prete-segretario. Stampa satirica inglese del 9 agosto 1879 (“The Illustrated Sporting and Dramatic News”) contro i viziosi preti della Chiesa di Roma amanti del lusso e del cibo, molto più della religione. La didascalia è caustica: “Only a partial fast” (Solo un digiuno parziale). 2. Vignetta satirica di Nico Valerio.
AGGIORNATO IL 30 APRILE 2016