17 marzo 2013

Habemus Papam nell’Ottocento. E che Dio ce la mandi buona!

gregorio xvi (stampa a colori) "Questo è ben più interessante che l’estrazione del lotto!" È il commento di un "elegantissimo spettatore" riferito da uno Stendhal presente in Piazza Montecavallo in attesa del nuovo Papa la mattina del 31 Marzo 1829. Marie-Henri Beyle, alias Stendhal, che soggiornò a Roma contemporaneo del Belli, descrive un "habemus Papam" visto dai ricchi e colti pellegrini del "viaggio in Italia", da una privilegiata prima fila sotto il balcone del palazzo del Quirinale, da cui il decano dei Cardinali annunciava l'elezione di Pio Ottavo. Un contrasto quasi violento con la cronaca Belliana, che racconta le disperazioni, le passioni e la satira del volgo romano.

Scrive Stendhal: «Pioveva a torrenti, una vera pioggia tropicale, quando questa mattina un parrucchiere al quale avevamo promesso una mancia è arrivato ansante e completamente fuor di sé nella sala dove facciamo colazione. Signori, non c’è fumata!". Ecco le sole parole che è riuscito a pronunciare. Dunque lo scrutinio di questa mattina non è stato bruciato: vuol dire che il papa è stato eletto!Siamo stati colti di sorpresa; proprio come Cesare Borgia avevamo tutto previsto per il giorno della nomina del pontefice, meno che piovesse a dirotto. Abbiamo sfidato l’acquazzone. Abbiamo avuto la costanza di restare tre ore sulla piazza di Montecavallo. In capo a dieci minuti eravamo bagnati come se ci fossimo gettati nel Tevere. I nostri mantelli di taffetà impermeabile cercavano di proteggere le nostre compagne, intrepide quanto noi. Avremmo potuto guardare la scena da certe finestre che danno sulla piazza, che erano a nostra disposizione, ma desideravamo restare proprio di fronte alla porta del palazzo, davanti al finestrone murato, in modo da non perdere le parole del cardinale che avrebbe proclamato il nuovo papa. Non ho mai visto una folla simile: una spilla non sarebbe caduta a terra, e pioveva a catinelle.

Pio VIII (Stampa. Museo Centrale del Risorgimento)«Alcuni bravi soldati svizzeri, coi quali eravamo già d’accordo, ci hanno aiutato a raggiungere i posti conservatici vicino alla porta del palazzo. Uno dei nostri vicini, un tipo elegantissimo che stava sotto la pioggia da più di un’ora, ci ha detto: «Questo è ben più interessante che l’estrazione del lotto! Pensate che il nome del nuovo papa influirà direttamente sulla fortuna e sull’avvenire di tutti i romani che portano abiti di buona stoffa». A poco a poco la penosissima attesa ha fatto incollerire il popolo, e in queste circostanze tutti diventano popolo. È impossibile descrivere l’empito di gioia e di impazienza che d’un colpo ci ha tutti agitati quando una prima, piccola pietra si è staccata dalla finestra murata sul balcone. Tutti gli occhi erano fissi lassù. Un urlo immenso ci ha rintronato nelle orecchie. L’apertura si è ingrandita rapidamente: in pochi minuti la breccia era abbastanza larga da permettere di affacciarsi al balcone.

«È uscito un cardinale. Ci è parso fosse l’Albani. Ecco però che spaventato dal terribile rovescio d’acqua che vien giù dal cielo, egli ha un istante di esitazione e poi si ritrae. Evidentemente non osava affrontare di colpo tutto quel freddo, dopo tanti giorni di reclusione. Come descrivere il furore del popolo a quella vista, le sue grida di collera, le sue imprecazioni volgarissime? Le nostre compagne ne furono spaventate. Già i più furiosi urlavano che volevano invadere il conclave per eleggere loro stessi il papa nuovo. La incredibile scena è durata più di mezz’ora. Alla fine, a forza di gridare, la gente non aveva più voce.

«A questo punto la pioggia è diminuita per un istante. Il cardinale Albani si è avanzato di nuovo sul balcone: dall’immensa folla è venuto come un gran sospiro di gioia. Poi un silenzio che si sarebbe sentita volare una mosca. Il cardinale ha detto: “Adnuntio vobis gaudium magnum, papam habemus eminentissimum et reverendissimum dominum...” Qui l’attenzione della folla è raddoppiata. “Franciscum Xaverium, episcopum tusculanum Sacrae Romanae Ecclesiae cardinalem Castiglioni, qui sibi nomen imposuit Pius VIII”. Alle parole Franciscum Xaverium quelli che conoscono i nomi di battesimo dei cardinali hanno subito indovinato che si trattava di Castiglioni. Ho sentito parecchia gente intorno a me mormorare subito quel nome. Alle parole episcopum tusculanum altre venti persone hanno pronunciato il nome del Castiglioni, ma a voce bassissima, in modo da non perdere niente di ciò che diceva il cardinale Albani. Alla parola Castiglioni c’è stato come un grido soffocato, subito seguito da un movimento di gioia profonda.

Papa Pio IX appena eletto (incisione)«Si dice che questo papa sia davvero colmo di virtù; di certo non sarà cattivo. Prima di lasciare il balcone, il cardinale Albani ha gettato alla folla un foglio di carta contenente le stesse parole che aveva pronunciato poco prima. Poi si è messo a battere le mani. Un grande, unanime applauso gli ha risposto dalla piazza: nello stesso istante il cannone di Castel Sant’Angelo annunciava il grande evento al popolo della città e della campagna.

«Ho visto le lacrime brillare in molti occhi: erano il frutto di una semplice reazione emotiva dinanzi a un avvenimento atteso tanto a lungo? Oppure erano davvero un segno di felicità per aver ottenuto un così buon sovrano, dopo tante paure? La gente, mentre sfollava, canzonava allegramente quei due o tre cardinali la cui nomina l’avrebbe costernata. Siamo tornati a casa di corsa per asciugarci. In vita nostra non eravamo mai stati così zuppi di pioggia.

«Ecco qualche altro particolare fra quelli che la prudenza mi permette di rendere noti. I tre o quattro voti che hanno deciso l’elezione sono andati a Pio VIII grazie a una predizione di Pio VII. Si racconta che Pio VII, quando nominò cardinale l’attuale pontefice, dicesse che egli sarebbe stato il suo successore» (Stendhal, Les Promenades dans Rome).

Un pezzo da cronista d'altri tempi, compreso dalla grandiosità dell' evento ma attento ai più minuti particolari. Uno scrittore di cultura illuministica che affermava fra l'altro: "Dio ha una sola scusa: quella di non esistere".

Mentre Stendhal commenta, in fondo alla sua dettagliata cronaca, le qualità morali del nuovo pontefice, il Belli, nel brevissimo spazio del sonetto che segue, ne tratteggia solo i segni atroci di una vecchiaia ormai devastante.

PIO OTTAVO

Che fior de Papa creeno! Accidenti!
Co rispetto de lui pare er Cacamme.
Bella galanteria da tate e mamme
pe fà bobo a li fiji impertinenti!
Ha un erpeto pe tutto, nun tiè denti,
è guercio, je strascineno le gamme,
spènnola da una parte, e buggiaramme
si arriva a fà la pacchia a li parenti.
Guarda lí che ffigura da vienicce
a fà da Crist’in terra! Cazzo matto
imbottito de carne de sarcicce!
Disse bene la serva de l’Orefice
quanno lo vedde in chiesa: «Uhm! cianno fatto
un gran brutto strucchione de Pontefice».
1° aprile 1829

Versione. Che fior di Papa hanno creato! Accidenti! Con rispetto per lui sembra il Cacamme (storpiatura da haham, autorità ebraica nel Ghetto). Bell' atteggiamento da padri e madri che vogliano spaventare i figli impertinenti! Ha un erpete dapertutto, non ha denti, è cieco da un occhio, cammina trascinando le gambe, pende da una parte e scommetto che non farà in tempo ad arricchire i parenti (il nepotismo dei Papi). Guarda che razza di figura da fare il Cristo in terra! Un cazzo matto (stupidone da mandare in manicomio) imbottito di carne da salsicce! Disse bene la serva dell'orefice quando lo vide in chiesa "Uhm! ci hanno fatto un gran brutto omaccione mal tagliato come Pontefice".

In realtà Pio Ottavo, appoggiato dalla Francia, fu un Papa si vecchio e malandato ma buono e "liberale". Si adoperò fra l'altro per contrastare il nepotismo, piaga che accomunava da secoli pontefici e cardinali della chiesa di Roma. Fu inevitabilmente di transizione, vista la sua età avanzata governò per soli due anni. In attesa dell' austriacante Gregorio XVI, originario di Belluno nelle terre dell' Impero Austro-ungarico.

Papa Gregorio, che fu il secondo papa del Belli, è stato oggetto di un gran numero di sonetti. Spesso con una satira feroce contro un pontefice illiberale, vizioso, intemperante e nepotista. Ma il buongiorno si vede dal mattino, e quando è abbattuto il muro che chiudeva i Cardinali nel conclave (da cui uscirà Gregorio XVI) il Belli è pessimista: sarà sicuramente un'altra "faccia amara".

L’UPERTURA DER CONCRAVE

Senti, senti castello come spara!
Senti montescitorio come sona!
È seggno ch’è finita sta caggnara,
e ’r Papa novo già sbenedizziona.
be’? che Papa averemo? È cosa chiara:
o più o meno la solita-canzona.
Chi vôi che sia? quarc’antra faccia amara.
Compare mio, Dio ce la manni bona.
Comincerà cor fà aridà li peggni,
cor rivôtà le carcere de ladri,
cor manovrà li soliti congeggni.
Eppoi, doppo tre o quattro sittimane,
sur fà de tutti l’antri Santi-Padri,
diventerà, Dio me perdoni, un cane.
2 febbraio 1831

Versione. L'apertura del conclave (demolizione del muro del conclave). Senti, senti il cannone di Castel Sant'Angelo come spara! Senti le campane di Montecitorio (palazzo di polizia) come suonano! È segno che è finita questa cagnara e il Papa nuovo già impartisce le benedizioni. Allora che Papa avremo? È chiaro, più o meno la solita canzone. Chi vuoi che sia? Qualche altra faccia amara. Compare mio. Che Dio ci assista. Comincerà con restituire i pegni (di piccolo importo) gratuitamente dal Monte di Pietà, vuoterà di nuovo le carceri dai ladri (amnistia) ed altri simili provvedimenti. Poi dopo tre o quattro settimane, come hanno fatto tutti gli altri Santi Padri, diventerà, Dio mi perdoni, un cane.

Povero Gregorio XVI! Non possiamo sapere se fu meglio o peggio di tanti altri papi che ridussero Roma una piccola città popolata da mendicanti, servi dei preti e delle cento famiglie nobili. Certo la presenza di un cronista attento e spietato come il Belli lo ha condannato, attraverso il "monumento al volgo romano", ad una eterna derisione e disprezzo. " A Papa Gregorio je volevo bene perché me dava er gusto de potenne dì male", da un appunto trovato fra le sue carte.

Celebre e durissima verso le istituzioni del Papa Re anche la frase di Stendhal, grande appassionato di Roma, dei suoi monumenti e delle sue donne. "Della patria di Cicerone, Cesare e Virgilio rimangono solo le spoglie esteriori; il suo spirito è morto per sempre e sono i preti e le superstizioni cristiane che l'hanno ucciso".

Il Belli doveva commentare, con i suoi sonetti, ben tre pontificati. L'ultimo Papa Pio IX accese nei cittadini di Roma e dell' Italia intera grandi speranze di rinnovamento liberale. Speranze che dovevano via via affievolirsi per poi spegnersi del tutto. Il nostro poeta, all' indomani della sua elezione, gli dedica un primo sonetto di speranza, non tralasciando però un' ultima satirica frecciata agli eccessi del defunto Gregorio.

ER PAPA NOVO

Che ce faressi? è un gusto mio, fratello:
su li gusti, lo sai, nun ce se sputa.
Sto Papa che c’è mó rride, saluta,
è giovene, è a la mano, è bono, è bello...
Eppuro, er genio mio, si nun ze muta,
sta piú p’er papa morto, poverello!:
nun fuss’antro pe avé mess’in castello,
senza pietà, quella ginía futtuta.
Poi, ve pare da papa, a sto paese,
er dà contro a prelati e a cardinali,
e l’uscí a piede e er risegà le spese?
Guarda la sù cucina e er rifettorio:
sò propio un pianto. Ah queli bravi sciali,
quele belle maggnate de Grigorio!
21 ottobre 1846

Versione. Il Papa nuovo. Che vorresti dire? È un mio gusto: e sui gusti non si discute (gioco sulla frase latina "de gustibus non est disputandum").Questo Papa di adesso ride, saluta, è giovane, è alla mano, è buono, è bello ... eppure il gusto mio, se non cambia, sta più per il Papa morto, poverello! non fosse altro per aver messo in prigione, senza pietà, quella categoria maledetta (i liberali rivoluzionari). Poi vi pare un comportamento da Papa, in questo paese, il dare contro a prelati e cardinali, l' uscire a piedi e il ridurre le spese? Guarda la sua cucina e il refettorio: sono proprio un pianto. Ah quelle grandi abbondanze, quelle belle mangiate di Gregorio!

IMMAGINI. 1. Papa Gregorio XVI, contro cui il Belli si scaglia in numerosi sonetti, in una rara stampa popolare. 2. Un “santino” di papa Pio VIII, che non era affatto brutto e ripugnante come dice il Belli, almeno nelle stampe e nei ritratti che abbiamo. Che poi fosse malfermo in salute, tanto da morire due anni dopo (il popolino disse avvelenato…), è un altro discorso (Roma, Museo Centrale del Risorgimento). 3. Il giovane papa Pio IX appena insediato.

11 marzo 2013

Il Conclave visto dal ciabattino saggio: «Io Papa? Fossi matto!»

Porta Cappella Sistina Secondo voi, un ciabattino, uno dei mestieri più umili nella ottocentesca Roma papalina, se glielo chiedessero per un miracolo dello Spirito Santo i cardinali riuniti in Conclave, cappello in mano, vorrebbe fare il Papa? Macché, manco morto. A un uomo, argomenta il calzolaio del Belli, levategli tutto, ma non l’uso dell’uccello, l’osteria o il gioco! Inchiodatelo su un seggiolone, mandatelo in giro in processione, e lo avrete ammazzato! No, meglio un tozzo di pane e continuare a rattoppare ciabatte:

LA VITA DER PAPA
Io Papa?! Papa io?! fussi cojjone!
Sai quant’è mmejo a fà lo scarpinello?
Io vojo vive a modo mio, fratello,
e nò a mmodo de tutte le nazzione.
Lèveje a un Omo er gusto de l’uscello,
inchiodeje le chiappe s’un zedione,
mànnelo a spasso sempre in priscissione
e cco le guardie a vista a lo sportello:
chiudeje l’osteria, nègheje er gioco,
fàllo sempre campà cco la pavura
der barbiere, der medico e der coco:
è vita da fà gola e lusingatte?
Pe mé, inzin che nun vado in zepportura,
maggno un tozzo e arittoppo le ciavatte.
16 novembre 1833

Versione. La vita del Papa. Io Papa?! Papa io?! Neanche fossi coglione! Sai quanto è meglio fare il ciabattino? Io voglio vivere a modo mio e non come vivono negli altri Paesi. Leva a un uomo il piacere dell'uccello (in senso osceno), inchiodagli le natiche sul trono papale, mandalo a spasso sempre in processione e con le guardie accanto allo sportello [della carrozza]: vietagli l'osteria e il gioco, fallo vivere sempre con la paura del barbiere, del medico e del cuoco [tutti potenziali attentatori della vita del Papa]: è vita da piacere e da invidiare? Per me, fino a che non vado in sepoltura, [più volentieri] mangio un tozzo di pane e rattoppo le ciabatte.

Infatti, non è detto che la vita del Papa sia poi tutta rose e fiori, cioè tanto invidiabile. Sembra quasi che nella sua ignoranza il ciabattino sapesse che, soprattutto nei primi secoli, quando i cristiani erano sotto l’Impero Romano e agivano da cospiratori e rivoluzionari, un Papa poteva anche essere incarcerato e morire, come accadde a papa Fabiano, uno qualunque del popolo (v. oltre). Neanche sul piano politico, come possono testimoniare le cronache delle ricorrenti ribellioni scoppiate a Roma e nelle provincie dello Stato della Chiesa, che negli anni in cui G.G. Belli scriveva i suoi sonetti mettevano in serio pericolo il Potere Temporale. E quando ci furono i moti nelle Romagne e nelle Marche e il papa Gregorio XVI dovette ricorrere agli Austriaci. “Tempo di carestia pane de veccia” diceva il Belli in un altro sonetto. E certo il Papato aveva alti e bassi, con gli agi e gli sfarzi dei regimi assolutistici, ma anche coi terribili pericoli che la recente esperienza della Rivoluzione francese aveva prospettato ai regnanti di tutta Europa. Insomma, tempi duri per un Papa, soprattutto se “scacarcione” (cioè cacasotto, pauroso), come lo definisce il Belli in un sonetto:

Povero frate! è ttanto scacarcione
Che ssi una rondinella passa e ffischia
La pijja pe 'na palla de cannone.

Eppure, qualche popolano, tra una fojetta [misura caratteristica del vino su caraffe graduate dello Stato pontificio, pari a circa ml. 500] e l’altra di vino dei Castelli, quando la mente gli si annebbia, fantastica di essere lui, vestito di bianco, a comandare e a essere riverito in Vaticano, e dare così una svolta alla propria vita di stenti. Perché no, in fin dei conti, visto che per Santa Romana Chiesa qualunque cristiano, anche laico, può diventare Papa?

Altro che giornalista, pilota, medico, cantante, attore o calciatore, le professioni più gettonate dai ragazzi di oggi. A Roma ai tempi del Belli, prima metà dell'800, non esisteva quasi nessuno di questi mestieri. Del resto, quasi non esistevano istruzione, borghesia o arti liberali. Il nulla, o meglio un regime assolutistico dove cento famiglie nobili avevano quasi tutto, e al popolino andavano solo le briciole.
Ma non era proibito sognare, o parlarne sottovoce e di nascosto, naturalmente. Nei sonetti del Belli, di tanto in tanto, affiorano in superficie i desideri segreti e improponibili del volgo romano. Soprattutto in occasione della morte di un Papa. Allora ci si sfogava a sbeffeggiarlo, a commentarne le ricchezze accumulate o sperperate, ma anche a sognare, molto, molto in grande.

Quando il Conclave si riuniva, gli allora settanta i cardinali si palleggiavano i nomi dei papabili, che provenivano spesso da queste 100 famiglie, fino a che lo “Spirito Santo” non faceva individuare il futuro pontefice. Che poteva però essere, in teoria, un uomo di fede al di fuori della ristretta cerchia della Curia e del mondo che gravitava intorno al Vaticano.

Ma poteva anche essere un cristiano qualunque, come il pellegrino appena arrivato dalla campagna, tale Fabiano, che nel 236 d C trovatosi in mezzo alla folla di cristiani che doveva eleggere il successore di papa Antero sentì posarsi sulla testa un colombo. Il popolo decise che quel colombo era lo Spirito Santo e il villico fu fatto Papa per acclamazione (A. Paravicini Bagliani, Morte ed elezione del papa: norme, riti e conflitti. 2013).  Chissà, forse aveva appena seminato nel proprio campo, oppure odorava di stallatico, fatto sta che attirava i piccioni. Del resto è lo stesso Belli che insinua questa cattiveria, quando in un sonetto su papa S.Gregorio che aveva fama di ricevere direttamente all’orecchio la voce dello Spirito Santo, spiega la cosa “scientificamente”: forse il furbo sant’uomo si era ficcato nelle orecchie dei “vaghi [chicchi] d’orzo”, per attirare i piccioni! Comunque il destino di Fabiano è quello sognato dal sor Titta, il fornaciaro romano, mentre si sputa i polmoni per “abbottare”, cioè dare forma a un fiasco di vetro:

LA SCERTA DER PAPA
Sò fornasciaro, sí, sò fornasciaro,
sò un cazzaccio, sò un tufo, sò un cojone:
ma la raggione la capisco a paro
de chiunque sa intenne la raggione.
Scejenno un Papa, sor dottor mio caro,
drent’a ’na settantina de perzone,
e manco sempre tante, è caso raro
che s’azzecchino in lui qualità bone.
Perché s’ha da creà sempre un de loro?
perché oggni tanto nun ze fa filisce
un brav’omo che attenne ar zu’ lavoro?
Mettémo caso: io sto abbottanno er vetro?
entra un Eminentissimo e me dice:
«Sor Titta, è Papa lei: vienghi a San Pietro».
22 dicembre 1834

Versione. La scelta del Papa. Sono fornaciaro, sì, sono fornaciaro, sono un cazzaccio, un tufo, un coglione [un sempliciotto, uno stupido]: ma la ragione la capisco al pari di ognuno che la sa intendere. Scegliendo un Papa, caro il mio dottore, fra una settantina di persone, e non sempre così numerose, è un caso raro che si trovino in lui qualità buone. Perché si deve creare [il Papa] sempre fra uno di loro? Perché ogni tanto non si fa felice un brav’uomo lavoratore? Mettiamo il caso: io sto abbottando il vetro? Entra un Eminentissimo [cardinale] e mi dice: «Signor Titta [diminutivo di Giovanbattista] è Papa lei: venga a San Pietro».

Un sogno troppo grande, anche perché nell'assemblea che elegge il Papa si giocava (e si gioca tuttora) un braccio di ferro fra diverse fazioni della Curia in obbedienza a complesse strategie locali e internazionali. Tant’è che da sempre, per cercare di sottrarre i Cardinali alle lusinghe e ai suggerimenti mondani, li si chiude, quasi murati vivi, in una specie di serraglio nel quale non possa giungere altro suggerimento che dallo “Spirito Santo”. Nessuna comunicazione con l'esterno. Un piccolo nucleo di inservienti: moltissimi scopatori, famosi gli scopatori segreti del Palazzo del Papa, qualche medico e qualche prete e prelato per dire le messe. E i famosi pranzi di prelati e Cardinali? Da dimenticare durante il conclave, quasi solo “fast food” da recapitare in ceste sottoposte a controlli meticolosi per impedire missive clandestine. Questo ai tempi in cui il Belli scriveva il sonetto, ma anche oggi poco è cambiato:

ER CONCRAVE
Ganassa, hai visto mai queli casotti
dove se fanno vede l’animali?
Cusí in concrave, in tanti cammerotti,
sò obbrigati de stà lli Cardinali.
Da pertutto ferrate, bussolotti,
rôte, cancelli, sguizzeri, uffizziali,...
e inzino le cassette e ll’orinali
hanno d’avé li su’ sarvi-condotti.
Je se porta er magnà ’n una canestra,
e ppe ppaura de quarche bbijjetto
se visita inzinent’a la minestra.
Quarche vorta però, tra tant’impicci,
poterebbe passà p’er vicoletto
un pasticcio ripieno de pasticci.
25 novembre 1832

Versione. Il Conclave. Ganassa [mandibola, soprannome per forte mangiatore], hai visto mai quelle gabbie dove si fanno vedere gli animali? Cosi nel Conclave, in tante stanzette sono costretti a stare i Cardinali. Dappertutto inferriate, controporte, ruote [come nei conventi di clausura, dispositivi in forma di cilindro che ruota su un asse, per consegnare cose senza vedere o essere visti], cancelli guardie svizzere, ufficiali [della Guardia nobile], e perfino le sedie stercorarie e gli orinali debbono avere i loro salvacondotti. Gli si porta il cibo in una canestra e per paura di qualche biglietto si controlla pure la minestra. Qualche volta però pur con tanti controlli potrebbe passare di nascosto un pasticcio [pietanza di pasta] con ripieno di pasticci [imbrogli].

 
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