23 marzo 2010

La mezz’età? Non esiste. Gli strani salti dell’età delle donne.

La donna è sempre giovane, dice un mito di oggi. Ma ieri qual era il rapporto tra la donna e la sua età? Non potendo agire sulla qualità della vita, costretta a far figli nella prima giovinezza, cosa che l'avvicinava alla mezz’età, la donna nell’Ottocento poteva almeno correggere il calendario. Trucco a cui, ammettiamolo, oggi ricorre sempre meno.
Una satira alla Marziale sull'opinabile e discontinua età delle donne dà modo a Giuseppe Gioachino Belli di assestare qualche tagliente colpo di lama sistemando per le feste le donne (solo quelle d’allora?), per lo meno quelle della classe che era solito frequentare. Il feroce sarcasmo cade sul vezzo delle signore di fingersi eterne adolescenti manipolando in modo del tutto personale e stravagante lo scorrere stesso del Tempo.
Ma stiano tranquille le quarantenni e cinquantenni “adolescenti” di oggi che rubano i vestiti alle figlie sedicenni: Peppe er tosto non ce l’ha con loro. Le donne di oggi sono di un’altra pasta, sono realmente molto più giovani, e giovani più a lungo, delle loro antenate del 1830.
Possiamo sbagliarci, ma non crediamo che la donna a cui il Belli pensava scrivendo questa satira fosse l’umile sartina che rammendava gonne di ruvido panno per le operaie, e neanche l’orgogliosa sposa d’un “minente” piccolo commerciante di Trastevere.
Qui, come in alcuni sonetti belliani, si nota un contrasto stridente e perciò esilarante tra lingua ultra-popolare scelta dall’autore e concetti, valori, quadro sociale, tipicamente medio e piccolo-borghesi. Un errore, il suo? Nient’affatto. Abbiamo visto che questa sfasatura, come altre, è uno di quegli artifici con i quali i sonetti del Belli raggiungono l’efficacia del grottesco.
Tutto sembra previsto dal grandioso “piano” narrativo e linguistico del Belli. La sua “invenzione” o rielaborazione colta (di qui il concetto di “popolaresco”, più che di popolare) della parlata del popolo umile dei vicoli, delle piazze e dei cortili di Roma, viene piegata, serve a descrivere manie, sotterfugi, abitudini d’una società più elevata, quella con cui venne a contatto, sia pure tra rovesci di fortuna, l’autore stesso.
S'intuisce un mondo in cui la donna deve apparire, perché “frequenta”, va nei salotti, ospita amici e amiche, cioè ha una vita sociale.
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Cosa che certo non poteva verificarsi per le umili donne della Roma del volgo – per le quali l’età non contava nulla, non poteva contare – considerate in genere le uniche protagoniste femminili dei Sonetti, quelle popolane dall’anonima esistenza, fiaccate dai lavori pesanti, dalle gravidanze e dalle malattie. E sì, perché nella Roma dei Papi, come ancor oggi nel Terzo Mondo più povero e marginale, era molto alta la mortalità femminile, e dunque molto bassa la durata media e l’aspettativa di vita delle donne del popolo. E perciò è da ritenere che una “sposa” di 30 anni, magari con 3 figli già grandicelli, non potesse avere modo o fantasia di calarsi l’età o di bamboleggiare fino ai 50. Cosa che invece avviene, può avvenire oggi.
La “donna del Belli”, dunque, non esiste, come dimostra appunto questo sonetto, che pure teorizza la Donna. Ma esistono tante donne del Belli. Egli sa descrivere benissimo la popolana degli strati più umili, spesso con toni addirittura commossi, oppure comici. Dipinge bene anche le donne dei “minenti”, cioè del popolino arricchito, ma non meno rozzo e volgare, anzi spesso più vistoso e violento.
Ma ora vediamo che è capace di dare pennellate efficaci e caustiche anche nei ritratti – non dichiarati come tali – delle tipiche “signore” della Roma sorniona e lenta, tutta moine e belletti francesi, del sonnacchioso Ottocento pre-liberale, in cui l’apparire è l’essenza stessa del vivere. Tanto che spesso, non qui, affida il compito di descriverle o di criticarle a maggiordomi, serve, sarte, vetturini e portiere.
Qui è diverso. In questo sonetto, nel descrivere in generale, senza nomi e cognomi, senza nessun ritratto, il carattere della Donna, il Belli mostra che è anche capace di estraniarsi dagli strati sociali e di osservare il Mondo tutto, altro che Roma, a bordo d’una mongolfiera. Anticipando il moralista Trilussa, filosofeggia su una parte secondo lui senza tempo – in tutti i sensi – del genere umano, quella femminile. Ma così si distacca dal suo abituale modus operandi, che è il fotografare come un umile e apparentemente neutrale etnologo la vita dei Rioni e dei Borghi.
Il che non toglie che il sonetto sia godibile fin dall'inizio, e molto riuscito, tranne forse il penultimo verso, dove l'improvvisa metafora sessuale ("pelo" nel Belli allude quasi sempre all'organo sessuale femminile) espressa come se fosse un proverbio o un modo di dire popolare, svolge la funzione del tipico colpo di coda belliano, in questo caso anche con caduta di stile.
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L'ABBICHINO DE LE DONNE
La donna, inzino ar venti, si è contenta
mamma, l'anni che ttiè ssempre li canta:
ne cresce uno oggni cinque inzino ar trenta,
eppoi se ferma lì ssino a quaranta.
Dar quarantuno impoi stenta e nun stenta,
e ne dice antri dua sino ar cinquanta;
ma allora, che aruvina pe la scenta,
te la senti sartà ssubbito a ottanta.
Perché, ar cresce li fiji de li fiji,
nun potenno èsse ppiù donna d'amore,
vò ffigurà da donna de conziji.
E allora er cardinale o er monziggnore,
che j'allisciava er pelo a li cuniji,
comincia a recità da confessore.

26 dicembre 1932

Versione. L’abc (abbeccedario, abaco) delle donne. La donna fino a vent’anni, se mamma lo permette, dice sempre gli anni che ha: ne aumenta uno ogni cinque fino a trenta, e poi si ferma lì fino a quaranta. Dal quarantuno in poi avanza e non avanza, e ne dice altri due fino a cinquanta; ma arrivata a quel punto che precipita nella discesa, te la senti arrivare subito a ottanta. Perché al crescere dei nipoti, non potendo esser più donna d’amore, vuol apparire donna di consigli. E allora il cardinale o il monsignore che prima faceva il galante comincia a recitare da confessore.
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IMMAGINI. 1. "Ritratto di gentildonna" (F.Podesti, 1800-1895) dai tratti decisamente infantili. 2. Stampa popolare sec.XIX "The Ages of Woman". 3. Difficile dare un'età ai bei lineamenti etruschi della "Roman Lady" (Lord Leighton, 1859, part.). 4. H. Baldung Grien (1484-1545), "The Seven Ages of Woman".

5 commenti:

Mary the Red ha detto...

Tra te e Belli non si sa chi è più perfido. No, scherzo... Fatto sta che mi sono rivista. Grazie. Cioè fuck you!...:-)

Paolo Bordini ha detto...

Nico, debbo fare un po' il "responsorio", (la voce dei fedeli nella recitazione del rosario)tanto per rimanere in tema. E' vero,il grande Belli non perde occasione di manifestare la sua natura misogina e aggressiva nei confronti delle donne, in linea peraltro con il senso comune maschilista della sua epoca. I sonetti " spietati" verso la condizione femminile sono tanti, ma ci sono anche accenni dolci e carezzevoli verso alcune debolezze delle donne, che sono di estrema attualita' anche oggi.
Gli ultimi versi di

Er primo gusto der monno

l’èsse appraudito, er diventà ssiggnore,
prelato, cardinale, santo padre...
sò ttutti gusti che vve vanno ar core.

Ma de tanti ggnisuno s’assomijja
manco per ombra ar gusto c’ha una madre
d’èsse cresa sorella de la fijja.

20 febbraio 1837

Mentre il Belli feroce e misogino dipinge un quadro spietato della condizione della donna negli ultimi versi de

La vita delle donne

Ma quanno che pe via der sona-sona
diventa un orto che gnisuno stabbia,
e fa tele de ragno alla ficona,

vedenno er cicio non torna' piu' in gabbia,
se da' pe corpo morto a la corona,
sin che in grazia de dio crepa de rabbia.

10 febbraio 1832

Nico Valerio ha detto...

Certamente, Paolo. Qui si parlava solo di un vezzo futile. Ma fai bene a integrare, ricordando che sulle altre questioni la satira del Belli sulla donna poteva essere ben più fulminante. Come la constatazione che arrivata ad una certa età, finiti gli anni in cui è desiderabile (cfr. "tele di ragno alla ficona", "er cicio [uccello] non torna più in gabbia"), si dà a corpo morto alla "corona" (del Rosario), cioè alla Chiesa. Fino a che in grazia di Dio muore di rabbia. E sia pure tradotto, il verso resta forse il più crudele su certe "bizzochere" o "bizzoche" (cfr. le tagliatelle di saraceno dette "pizzoccheri") donne di Chiesa, quasi tutte anziane o di mezz'età.
Tutto questo ai suoi tempi, ma con code fino a ieri o addirittura ad oggi, per lo più in provincia. Oggi è diverso, ma quando c'è questa "riconversione", la religione è sostituita dalla lettura, dall'impegno sociale, e soprattutto dal turismo.

Nico Valerio ha detto...

Mary, è vero, anche tu hai un'età indefinibile (che non voglio sapere): 16 anni? 80? Non so...:-) Comunque tra le 2 donne ritratte preferisco di gran lunga la seconda...

Mary the Red ha detto...

Nico, guarda che ho trovato: una testimonianza di oggi, be' insomma di 2 anni fa, di una ragazza di 25 anni che conferma ancora il Belli sul calarsi gli anni. Con motivazioni molto sensate:
http://laconiglia83.blogspot.com/2008/02/let-delle-donne.html

 
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